Mons. Pasquale Morganti
Arcivescovo di Ravenna e Vescovo di Cervia
L'AMMINISTRAZIONE DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA
Meditazioni per sacerdoti
San Pio da Pietralcina in confessionale
MEDITAZIONE III.
Ministero nobilissimo.
1. Grandezza del Sacramento della Penitenza.
1° Vi sono mansioni ed ossequi che rendono grande gloria a Dio, ma alcuni di essi contrastano il nostro cuore, perché richiedono sacrifici costosissimi ed umiliazioni profonde. Certe penitenze, certi servigi ai poveri ed agli infermi non hanno nulla di grande, spesso sono occupazioni umilianti, e perciò di molto merito perchè non solleticano il nostro amor proprio.
Non è certo così il ministero di un Confessore: questo è ufficio oltre ogni dire nobilissimo. Talvolta i mezzi e le circostanze nelle quali si compie possono sembrare umili, ma la natura dell'atto, il fine, il frutto sono così alti che tutto diventa augusto e grande. Per la buona amministrazione di tanto sacramento importa molto concepirne idea grande e nobile, perchè in tal modo si compirà con vivo amore e sollecitudine.
2°. Rifletti che la S. Confessione è Sacramento. Non è quindi un semplice sacramentale, né una funzione di solo culto, di lode, di ringraziamento a Dio; ma è un sacramento, quindi un lavoro della grazia divina, cosa perciò altissima e di sommo rilievo come qualunque altro sacramento. Anche per la Confessione valgono le parole del Rituale Romano a proposito dei sacramenti: «Nihil sanctius, nihil utilius, nihilque excellentius aut magis divinum, quam Sacramenta!» (Niente di più santo, niente di più utile o di più divino dei Sacramenti).
Inoltre se, come dice S. Gregorio Magno, «omnium divinorum, divinissimum est cooperari Deo in salutem animarum», divinissima soprattutto è la S. Confessione, che, così divinamente ed efficacemente, contribuisce alla conversione delle anime.
A Mons. Camus, Vescovo, che si mostrava stanco ed affranto per aver molto confessato, disse S. Francesco di Sales: «Vi par poco onore, quello che Dio vi fa, di sciogliere, per mezzo vostro, tante anime dalla morte del peccato e ricondurle alla grazia?».
2. Nobiltà del ministero.
Se vuoi penetrare meglio l'eccellenza di questo sacramento, ricorda quanto la S. Scrittura e i Padri ci propongono a questo riguardo.
Ecco come S. Tomaso da Villanova illustra quest'argomento: «Mira potestas, ut inter Deum et hominem arbiter (dignità grande quella di un arbitro, nel quale le due parti contendenti ripongono ogni fiducia, rilasciando ciascuna nelle sue mani, alla sua discrezione, dottrina e prudenza i propri diritti ed assoggettandosi docilmente alla sua decisione) homo sedeat, et Dei judicia suo arbitrio homo fratri discernat».
Gesù Cristo affermava essere cosa altissima ed onorifica, che «tutti onorino il Figlio come onorano il Padre», perchè il Padre «ha rimesso ogni giudizio al Figlio» (Gv 5,22): ora qui su questa terra i Confessori sono gli interpreti dei giudizi di Dio; nel tribunale di penitenza giudicano infatti le anime con poteri divini. I nemici di Gesù si scandalizzavano altamente che altri, fuor di Dio, giudicasse e rimettesse i peccati: «Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?» (Lc 11,7).
Si sarebbe meravigliato anche Giobbe che a proposito disse: «Chi può trarre il puro dall'immondo?» (Gb 14,4). Quali meraviglie non avrebbe elevato quando avesse saputo, che anche qualunque sacerdote doveva venir rivestito da tanta autorità!
Continua S. Tomaso: «Offensas Deo illatas fratri remittat, et quod agit in terris, ratum et firmum habeatur in coelis». Chiamar quasi in giudizio Dio medesimo e dichiarare, come fa un giudice civile verso un semplice uomo, fin dove siano stati lesi i suoi diritti, quanto sia grave o leggera l'offesa recatagli e determinare i limiti della soddisfazione che gli compete! Quali ineffabili meraviglie! Giustamente sorpreso da tanta potenza e grandezza di un umile Confessore, così il nostro Santo esclama: «Cui umquam Sanctorum Patrum in Lege tanta facultas concessa est? Abraham amicus Dei, Moyses Deo familiaris et charus, qui cum Deo quasi vir ad proximum suum loquebatur, numquid tale aliquid acceperunt? Numquid, orante Abraham pro peccato, Sodomorum et Moyse pro reatu vituli deprecante, quispiam illorum audivit a Domino: Relaxa peccatum, dimitte delictum?».
Dunque anche il più modesto sacerdote nel confessare l'ultimo dei fedeli è immensamente più elevato in dignità di Abramo e di Mosè ed anche possiamo aggiungere del più sublime Angelo del cielo. Onde tornando sull'argomento lo stesso S. Tomaso dice ancora: «Omnis sollicitudo, omnis labor unius animae, negotio minor est. Civem Romanum fieri olim magni pretii res erat: civem caelorum fieri quanti erit?».
Questo ancora conferma che non vi è impresa che superi comunque in eccellenza ed importanza quella d'una Confessione.
Anche S. Ilario Vescovo, colpito dalla gran maestà d'un confessore, esclama: «O beatus coeli janitor!… cujus terrestre judicium praejudicata sit auctoritas in caelo ut quae in terris aut legata sunt aut soluta, statuti eiusdem conditionem obtineant in coelo».
Proposito: Rìcorderò sempre la grandezza del sacramento della Penitenza.
Testo tratto da: Mons. Pasquale Morganti, L'amministrazione del sacramento della penitenza, Torino: Marietti, 1944, pp. 11-15.