Esame sulla rettitudine dell’animo

  • Categoria dell'articolo:Spiritualita

qui a lato: San Marcellin Joseph Benoît Champagnat (1789-1840)

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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RITIRO DEL MESE DI GIUGNO

IL SACERDOTE E LA GIUSTIZIA

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Esame sulla rettitudine dell'animo

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Vi adoro Gesù e vi ascolto mentre vi proclamate Vita e Verità, poiché la verità è vita, e nell'atto d'invitare specialmente i vostri sacerdoti ad attingere a questa verità-vita: Qui sequitur me habebit lumen vitae (Ioan., 8, 12). In virtù della mia vocazione devo seguirvi: sequere me; quindi secondo il vostro desiderio debbo essere tutto luce e verità: ut filii lucis sitis (id., 12, 36). Non eravate preoccupato di questa disposizione dell'anima sacerdotale quando, nella sera della prima ordinazione, pregiavate il Padre: Sanctifica eos in veritate? (id., 17, 17). Ciò mi fa comprendere la somma importanza di tale disposizione: può anche significare che essa non è frequente. Signore voglio l'anima mia retta, la voglio leale con Voi, con me, con il prossimo.

 

1. – LEALE CON DIO

La sincerità con Dio richiede:

a) Dignitosa coscienza. — E' pura la mia coscienza? Sì, se nella conoscenza e nella confessione delle mie colpe, nel pentimento che le cancella, è di una lealtà assoluta. — E' buona? Sì, se esclude quella casistica di mala fede, la quale tenta invano di persuadere che un atto colpevole non lo è, o lo è solo leggermente. — E' aperta? Sì, se docilmente generosa si presta alle illustrazioni della grazia. — E' delicata? Sì, se la minima colpa, la minima imperfezione la turba e la contrista.

b) Purezza d'intenzione. — Siete Voi, mio Dio, l'oggetto dei miei sospiri, la meta dei miei desideri? Siete Voi l'unico ispiratore dei miei progetti, la luce dei miei giudizi? La mia volontà tende direttamente a Voi, senza deviare nè a destra nè a sinistra? — Sono persuaso che nulla posso nascondere a Voi: Omnia nuda et aperta sunt oculis ejus (Hebr., 4, 13), che nulla posso sottrarvi? Gloriam meam alteri non dabo (Isai., 42, 8); e che in ultimo vincerete Voi: Quo ibo a Spiritu tuo et quo a facie tua fugiam… tu illic es? (Ps., 138, 6).

 

2. – LEALE CON ME STESSO

a) Umiltà. — Mi guardo dall'orgoglio della mente, che impedisce di veder chiaro nel proprio interno? Arrogantia tua decepit te, et superbia cordis tui! (Ierem., 49, 16). L'abitudine dì curare più l'esterno che l'interno non mi illude forse, accecandomi sulla bassezza di quel progetto, sul pericolo di certi sentimenti, sulla colpevolezza di certe inclinazioni? Il mio spirito sarebbe forse simile a quello del fariseo, facile ad esaltarsi per certe pretese qualità? Sarei mai un sepolcro imbiancato? Una meschina preoccupazione egoistica non mi rende sordo alla voce dell'Angelo buono, che già mi sussurra: Nomen habes quod vivas et mortuus es? (Apoc, 3, 1). E la mia stoltezza non mi spinge mai a voler apparire quale non sono?

b) Mortificazione. — Scuso le mie piccole sensualità, nascondendole agli sguardi altrui con tutta la possibile cura, perché sono in contrasto stridente con le mie parole, con i principi che enuncio, e secondo i quali ostento di vivere? — Mi permetto certe affezioni disordinate, che macchiano il candore verginale del mio suddiaconato e profanano i miei più sacri giuramenti? — Nutro forse, quasi senza rimorso, certe antipatie senza accorgermi dell'ironia della mia preghiera: Sicut et nos dimittimus? — Posso veramente dire di non lesinare lo sforzo per il conseguimento della mia santificazione, e per l'esercizio dello zelo, come richiede il vero spirito sacerdotale? — Oh, quanto è facile mancare di lealtà con se stessi!

 

3. – LEALE CON IL PROSSIMO

a) Nelle parole. — Mi astengo assolutamente, rigorosamente da ogni specie di menzogna? Alcuni mentiscono senza quasi avvedersene. Chi li avvicina se ne accorge e li ha in dispregio. E' facile contrarre l'abitudine della menzogna, soprattutto quando si ha tendenza all'iperbole… Si finisce per suggestionarsi, si cade nella mitomania. — Non ostento mai con insistenza sentimenti che non ho, per piacere a coloro che m'ascoltano? E non è questa ipocrisia? — Non mi valgo di restrizioni mentali che rasentano l'inganno?

b) Negli atti. — II mio comportamento è proprio sempre l'espressione del mio sentire, o cado nella simulazione? Col pretesto di usare diplomazia, offendo mica l'onestà? — Certi modi di procedere che io ritengo frutto di abilità, non sono invece sleali? — Affetto una mentita apparenza anche in chiesa? — Sono convinto che alle mie azioni come alle mie parole, pur salvando sempre la carità, deve potersi applicare la parola del Signore: Sit autem sermo vester: est, est, non, non? (Mat. 5, 37).

— Buon Maestro, ve ne scongiuro, fatemi leale; fate che l'anima mia sia retta in tutto e per tutto, che sia tutta aperta al sole della vostra verità. Volete servirvene come di tramite per giungere alle anime dei miei fratelli; il Precursore dice a me, come a tutti ì sacerdoti: Parate viam Domini, rectas facite semitas ejus (Mat., 3, 3). Preparate Voi stesso, Signore, raddrizzate Voi stesso; io voglio prestarmi alla vostra azione generatrice di verità, voglio essere leale, salvarmi: Veritas liberabit vos (Ioan., 8, 32).

 

Preparazione alla morte

IL «DIES IRAE» DEL SACERDOTE

Motivi di speranza e di pace.

Recordare, Jesu pie Quod sum causa tuae viae Ne me perdas illa die.

Se penso all'incognita del mio ultimo giorno, come non sentirmi pervaso da spavento? I Santi di tutti i tempi hanno temuto l'estrema ora… Però bisogna pensarvi per non essere colto alla sprovvista.

Non v'è dunque spiraglio di luce che valga a confortare il mio sguardo! Ignoro l'ora e le circostanze della mia morte, e questo mi fa paura. Ma anche il pensiero che la morte è certa ed unica mi dà timore. Eppure tutto dipende da Voi, o Gesù! Padrone dei miei giorni ne fissate il numero con un decreto misericordioso, Padrone della mia sorte eterna, me la preparate con misericordiosa bontà. Avete detto che chi crede in Voi vivrà quando pure fosse morto. Non è la fede che ci salva, la fede nell'amore dì cui parla S. Giovanni? Cedidimus cantati! (1 Ioan., 4, 16). Voglio appoggiarmi sulla fede; essa facilita la vigilanza che tanto mi raccomandate e che rende beati: Beatus Me servus quem, cum venerit Dominus ejus, invenerit vigilantem (Mat., 24, 26). Andare alla morte, vuoi dunque dire venire incontro a Voi, o Gesù, che siete l'infinita bontà. Pensate dunque Voi stesso alla mia morte; io credo in Voi: Recordare, Jesu pie. Quod sum causa tuae viae.

Per me vi siete incarnato: Propter nos homines et propter nastram salutem descendit de coelis, et incarnatus est!

Impossibile rammentare senza sentirsi vivamente commosso le circostanze della vostra vita dalla culla al Calvario; tutto fu croce e martirio. Oh, quanto avete amato coloro pei quali avete sofferto! Lo so, perchè Voi stesso l'avete affermato: Pro eis sanctifico meipsum (Ioan., 17, 19). Per me, Nazareth con la sua povertà, la sua esistenza oscura, con il suo penoso lavoro. Per me gli anni dell'apostolato con le sue fatiche, le sue contraddizioni, le persecuzioni e le apparenti sconfitte. Per me la vostra Passione atrocemente dolorosa, il Gethsemani, il Golgotha… Dilexit me et tradidit semetipsum pro me (Galat., 2, 20). Per me ancora, il continuarsi di tanti misteri d'infinita carità nell'Eucaristia, di cui sono ministro. La mia chiesa non è per me come Bethlemme e Gerusalemme?

Per me, ma a motivo del Padre vostro. Lui avete voluto glorificare cercando le anime nel vostro pellegrinaggio terreno; Lui volete glorificare cercando le anime nella vostra permanenza nel Tabernacolo. Oh, Maestro, ricordatelo!

Tutto questo accresce i miei obblighi. Amato fino a tal punto, non amerò fino all'estremo? Ma tutto questo è pur fonte di pace; amato cotanto posso affidarmi ad una misericordia sempre pronta ad esercitarsi. Ed io la imploro prostrato ai vostri piedi, mio dolce Salvatore!

Ne me perdas illa die.

Pur ricordando le mie miserie, le mie colpe gravi, insisterò, Gesù, insisto fin d'ora. Mi allenerò così ad uno sforzo più energico.

Vi siete stancato nell'inseguire la pecorella smarrita: Fatigatus ex itinere sedebat sic supra fontem (Ioan., 4, 6). La Samaritana era pur un'anima molto sviata; eppure le usaste misericordia, l'illuminate sul grande mistero dell'adorazione in ispirito e verità. Pietro e gli altri Apostoli furono anch'essi molto colpevoli; eppure li rassicurate, li perdonate, li colmate di favori; essi non hanno imitato Giuda, essi hanno confidato.

Quante volte m'avete inseguito, quante volte m'avete perdonato, incoraggiato, animato. Quante grazie nella mia vita! L'ora e il genere di mia morte saranno l'ultima delle grazie che mi concederete nel tempo che mi rimane ancora di vita.

Per la gloria del Padre, per la gloria dell'opera vostra, per la gloria del vostro amore non permettete, o Gesù, che tante grazie vadano perdute!

Quaerens me sedisti lassus, Redemisti crucem passus, Tantus labor non sit cassus!

— Neppur io voglio perduto tanto tesoro e propongo fermamente di corrispondere alle vostre divine prevenienze.

Si muore come si è vissuto. Se impiego la mia vita a tendere l'orecchio alla vostra voce, ad aprire il cuore per ricevervi, nell'ora suprema udirò con sommo gaudio il vostro invito, e il vostro Cuore stesso mi accoglierà: In pace, in idipsum dormiam et requiescam! (Ps., 4, 9).