Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins
Verso le vette della Santità Sacerdotale
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RITIRO DEL MESE DI FEBBRAIO
IL SACERDOTE E LA FEDE
(parte prima)
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HABITARE PER FIDEM IN CORDIBUS VESTRIS, in caritate radicati et fundati (Ephes., 3, 14 seg.)
Esame Sull'applicazione Intellettuale
Vi adoro. Signore Gesù, mentre pronunziate queste parole: Vos vocatis me Magister et Domine, et bene dicitis; sum etenim… (Ioan., 13. 13). Siamo dunque discepoli, alunni; per conseguenza dobbiamo studiare. Cosi intende S. Paolo, sacerdote perfetto, che afferma di sapere Jesum Christum, e perciò si dichiara pronto a sacrificare tutto: Existimo omnia detrimentum esse, propter eminentem scientiam Jesu Christi (Phil. 3, 8). Eccoci in presenza di un grave dovere: l'applicazione intellettuale. Sono convinto della sua necessità? Le mie convinzioni m'inducono all'attuazione pratica? Su questi punti ho bisogno di esaminarmi seriamente.
1. – NECESSITA' DELL'APPLICAZIONE INTELLETTUALE
Il lavoro in genere s' impone all'uomo per diritto divino.
Creati ad immagine di Dio, atto purissimo, siamo esseri attivi; dobbiamo quindi essere operosi. Adamo nel Paradiso terrestre aveva ricevuto l'ordine di lavorare, ut operaretur; quando ne fu scacciato intese la legge: In sudore vultus tui vesceris pane (Gen. 3, 19). Lozio non è permesso a nessuno. Io sono laborioso? — Non vi sono preti davvero indolenti? Levata a tarda ora, ministero assai limitato, nulla li stimola; perdono il tempo in visite pericolose, vanno gironzolando, fantasticando; che scandalo! — Temo l'ozio? Multam malitiam docuit otiositas (Eccli. 33, 29). E' davvero temibile al punto che da alcuni si afferma che val meglio far dei nonnulla piuttosto che nulla.
Comprendo che il lavoro a cui è tenuto il prete è lavoro intellettuale? Come principio anzitutto: Non in solo pane vivit homo, sed in omni verbo quod proceda de ore Dei 7) (Mat., 4, 4). Il pane veramente sostanziale che dà la vita è quello che comunica la vita eterna, la quale sfida la morte. Ora, haec est vita aeterna ut cognoscant Te solum Deum verum et quem misisti Jesum Christum (Ioan. 17, 3). Conoscere Dio e il suo Cristo suppone studio profondo e molto arduo.
— In pratica, poi:
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- Se non studio dimenticherò inevitabilmente quanto appresi in Seminario. E, per essere sincero, quando uscii da quel luogo benedetto che cosa sapevo? Ahimè! nulla, se non ero cosciente della mia ignoranza. — Sarei mai uno di quei preti che non hanno più aperto libro di teologia se non per preparare la soluzione dei casi? Infelici! Troppo spesso la loro presunzione è proporzionata al vuoto del loro spirito e li accieca. Deridono quelli che studiano con una stoltezza di cui non avvertono nemmeno il ridicolo. Sentenziano reciso nelle discussioni con l'assolutismo degli stolti, per i quali non è facile astenersi dalle parole dure e insolenti. E' negli edifici vuoti che la risonanza è più sonora. —
- Se non studio non potrò riuscire buon catechista. Comprendo la mia responsabilità in proposito? I miei ragazzi per tutto alimento sopranaturale, per seme di vita cristiana ed eterna avranno appunto quanto io avrò loro distribuito negli anni di catechismo, anni ridotti a poche ore: Parvuli petierunt panem et non erat qui frangerei eis (Thren. 4, 4). — Sarò un predicatore inetto. Concludo veramente qualche cosa in pulpito? Si acquista una certa facilità di eloquio, s'impiega tutto il quarto d'ora destinato alla predicazione in frasi vuote, in parole senza dottrina. — Sarò direttore incapace. Confido nella mia pretesa psicologia sperimentale, nel mio buon senso quando si tratta dell'ars artium che preoccupa tanto confratelli più dotti e più intelligenti di me? Non temo la sentenza del Maestro: Caecus autem si caeco ducatum praestat, ambo in foveam eadunt (Mat. 15, 14). — Se ci rifletto, comprendo che senza applicazione allo studio, non posso rimanere tranquillo in coscienza.
2. – PRATICA
Devo eliminare gli ostacoli e disciplinare il mio studio.
1. Ostacoli; Non mi sono creato un'obiezione insolubile: a) delle mie occupazioni materiali, b) del mio ministero sovraccarico, c) della mancanza di uno scopo determinato, d) della mancanza di mezzi? — a) Devo stare attento a ordinare bene la mia vita; ma non sono né giardiniere, né cuoco. — b) Il mio ministero ben regolato deve lasciarmi tempo per pregare e studiare; altrimenti la mia non è più attività sacerdotale ma agitazione febbrile. — c) Istruire le anime, si trattasse pur solo di tre vecchie o di tre fanciulli, non è scopo spregevole e certo è difficile a raggiungersi; esige dunque applicazione. — Poi, conosco abbastanza il mio Dio? Il grado di gloria è proporzionato al grado di conoscenza. — d) Non ne ho il gusto!… Ut faber fabricando. — Son poco intelligente… labor improbus omnia vincit. — Mi mancano libri.. Si troverà chi li presta!
2. Disciplina: Ho un tempo determinato per lo studio? In una vita sovraccarica d'occupazioni, questo può essere difficile, ma non impossibile. — Seguo un ordine nelle materie dì studio? Svolazzare un po' su tutto dissipa lo spirito e lo lascia vuoto; l'Inclinazione personale interviene opportunamente In proposito per approfondire qualche argomento. — Faccio convergere verso le scienze sacre le mie migliori energie, tutto il mio tempo? E' deplorevole che vi siano preti, letterati distinti, matematici eruditi, ma ignari della Sacra Scrittura e della teologia.
— Signore e Maestro, vi supplico di fare di me un Vostro vero, fervente, attivo discepolo. Aprite la mia mente, elevate il mio cuore, a fin che lo giunga ***** omnibus sanctts… scire etiam supereminentem scientiae caritatem Christi (Ephes,. 3. 19).
Preparazione alla morte
«IL DIES IRAE» DEL SACERDOTE
2. Torpore e risveglio.
Tuba mirum spargens sonum, Per sepulcra regionum, Coget omnes ante thronum
O Gesù, quando parlate della morte insistete sulla subitaneità del colpo con cui essa ci abbatterà; Qua hora non putatis filius hominis veniet (Luc. 12, 49). Vi penso?
Voi non date avvertimenti inutili; non esagerate le minacce, non caricate le tinte di un quadro spaventoso; nulla d'esagerato nel Vostro Insegnamento… Eppure mi dite di paventare la morte… La temo davvero?
Per premunirmi contro quella terribile sorpresa, non mi raccomandate di prepararmi, non parlate al futuro, non mi lasciate credere d'aver tempo poi… No, il vostro verbo è imperativo, l’ordine assoluto, la sua attuazione deve essere immediata: Estote parati! Di fatto, hic et nunc, sono pronto?
Posso invero morire fra breve e anche in questo momento. Posso essere vittima di accidente imprevedibile o imprevisto. Conosco forse il mistero di morte racchiuso in me stesso?
Me felice se saprò reagire al torpore che mi invade, se, per destarmi, non aspetto in una pericolosa indolenza, lo stridente grido della tromba del supremo giudizio! Tuba mirum spargens sonum: prima che la si oda, vi sono note di preludio che devono farmi tendere l'orecchio: la coscienza… una grave malattia… la morte di un parente… Si vocem Domini audieritis, nolite obdurare corda vestra (Ps.. 94, 8).
Signore, forse durante il mio ultimo ritiro mi rivolgeste l'ultimo richiamo e oggi lo ripetete: Hora est jam nos de somno surgere, proprior est nostra salus quam ***** credidimus (Rom. 13. 11). Me infelice se il mio cuore impigliato in abitudini pericolose, se la mia coscienza obnubilata da una casistica di cattiva lega, facessero somigliare l'anima mia a un freddo sepolcro insensibile: ver sepulcra regionum. Mi chiamate, o Signore, non mi chiamerete sempre invano: stanco colpirete infine…
Coget omnnes ante thronum:
non sono io il più forte. Faccio il bravo, lo spavaldo… ma Voi vincerete ed io cadrò vinto.
Mors stupebit et natura ***** resurget creatura Judicanti responsura.
Il risveglio sarà terribile per il prete che non comprese ciò che ogni giorno ripeteva a Compieta: vigilate et orate. Sarà terribile anche per chi avrà compreso e obbedito. Poiché, dopo tutto, la morte non è piuttosto vita, e la vita non è invece morte? No, la vita terrena non è vera vita. Questa comincerà col mio ultimo respiro, ma quale scossa! La morte ne fremerà, la natura ne sarà stupefatta. O Gesù, quando moriste sulla Croce, si aprirono i sepolcri, tremò la terra… Ben presto morrò, la terra scomparirà sotto i miei passi, si scaverà la fossa che dovrà ricevere il mio cadavere; io stesso ne sarò stupefatto!
Mors stupebit et natura.
Non avrò allora bisogno del corpo per vivere; la mia natura sarà divisa, entrerò in un mondo nuovo, il mondo dell'eternità: ***** resurget creatura! Terribile incognita!
E non vi entrerò già come un curioso interessato, abbagliato: Judicanti responsura. E' giunta l'ora: sono chiamato al mio posto, che ignoravo, alla grande udienza. Confessandomi, dovetti giudicarmi… confessando altri dovetti giudicarli. E nell'uno e nell'altro giudizio quante tenebre, quante inesattezze, quante esitazioni! Ora basta. Tutto è messo in chiaro. A Voi devo rispondere. Verità eterna! Judicanti responsura. Che ne sarà, mio Dio?
Si iniquitates observaveris, Domine, Domine quis sustinebit? (Ps. 129. 2). Purtroppo! Iniquitatem meam ego cognosco et peccatum meum contra me est semper (Ps. 50, 4)!
— Signore, voglio essere vigilante, voglio pregare: Amplius lava me ab iniquitate mea. et a peccato meo munda me (Ps. 50, 3). Cosi, se pur non mi sentirò sicuro dell'ora, terribile anche per i santi, l'aspetterò almeno con una pace relativa, che mi permetterà di dominarmi abbastanza per presentarvi, quando mi chiamerete, ciò che vi è più gradito: fiducia e amore!