a lato: San Josep Manyanet y Vives (1833-1901), presbitero
Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins
Verso le vette della Santità Sacerdotale
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RITIRO DEL MESE DI OTTOBRE
IL SACERDOTE E GLI ORDINI MINORI
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«Tra Dio e noi v'è tutto un sistema sacro e divino in cui l'ordine, la scienza e l'energia che sono eminentemente in Dio, prendono, per volontà sua, una esistenza e una consistenza create a fine di propagare regolarmente e soavemente in tutto l’universo quel moto luminoso, santificante e beatificante che, sotto l'azione dell'amore, parte in eterno dal seno del Padre per ricondurvi e stabilirvi per sempre le creature pacificate, illuminate, divenute perfette».
Queste magnifiche parole di S. Dionigi (51) diffondono una luce meravigliosa nel pensiero ammirativo di chiunque si raccoglie e sosta in meditazione davanti alle molteplici creazioni fra le quali viviamo. Nell'opera di Dio tutto è armonioso e bello; la deformità e il disordine provengono dalle volontà create che s'allontanano dalla sua, detta da S. Tommaso «la ragione ultima della bellezza delle creature».
In questo «sistema sacro» il sacerdozio occupa la sommità; esso parte in modo sovraeminente dal seno del Padre per ricondurvi «e stabilirvi per sempre le creature pacificate, illuminate, divenute perfette». Il sacerdozio deve dunque eccellere sopra tutto in bellezza e armonia come esprime il nome del Sacramento che lo conferisce: l'Ordine. Questa sola parola è una rivelazione. Solo mediante il sacerdozio fu ristabilito l'ordine essenziale fra il Creatore e la creatura; solo mediante il sacerdozio l'ordine si stabilisce e si conserva nella società, la quale ricade nello stato di barbarie quando si sopprime l’influenza del sacerdote; finalmente esiste un ordine perfetto nelle funzioni, molteplici del sacerdozio, una gerarchia che fa spontaneamente pensare a. quella degli spiriti celesti.
Infatti come vi sono nove cori di angeli, così dal Tonsurato che viene introdotto nella sacra milizia, al Vescovo che ha la pienezza dei poteri, vi sono nove gradi di partecipazione più o meno intima alla misteriosa dignità dell'eterno sacerdote: la Tonsura, l'Ostiariato, il Lettorato, l'Esorcistato, l'Accolitato, il Suddiaconato, il Diaconato, il Presbiterato, l'Episcopato. Questi gradi ricevono comunemente il nome di Ordini: maggiori i tre che precedono l'Episcopato; minori i quattro che seguono la Tonsura. Fermiamo la nostra riflessione su questi ultimi prima nel loro insieme, poi su ciascuno in particolare.
1. – GLI ORDINI MINORI IN GENERALE
Se è di fede che i tre ultimi Ordini, Episcopato, Presbiterato e Diaconato sono di istituzione divina, la questione non è altrettanto certa riguardo agli Ordini minori (52). Non sarà inutile dilucidarla perché, ammessa l'istituzione divina di questi Ordini minori, si deve ammettere per conseguenza la loro qualità di Sacramento. E se sono Sacramento hanno deposto in noi una grazia preziosa che possiamo far rivivere, un germe latente che può essere fecondato.
Benché secondo Benedetto XIV sia difficile risolvere la questione, benché i teologi moderni in maggioranza propendano per l'origine puramente ecclesiastica di questi Ordini; siccome la nostra pietà può trarne giovamento, ci è lecito adottare l'opinione contraria, fondandoci sul Concilio di Trento che riconosce la grandissima antichità di tali Ordini: Ab ipso Ecclesiae initio, sequentium Ordinum nomina atque uniuscujusque eorum propria ministeria, subdiaconi scilicet, acolythi, exorcistae, lectores et ostiarii, in usu fuisse, cognoscuntur" (Sess., XXIII, can. 2).
Scrive in proposito il dotto Tommassino: «Non si può stabilire con certezza il tempo dell'istituzione di tali Ordini. Con tutta probabilità si possono ritenere quali suddivisioni del Diaconato, e furono introdotti successivamente secondo i nuovi bisogni della Chiesa; quindi si può dire, in senso verissimo, che tutti gli Ordini sono d'istituzione divina nella loro origine, ossia nel Diaconato di cui sono come i ruscelli e l'emanazione; poiché conferendo il Diaconato la pienezza di ministero, gli ordini minori ne sono la partecipazione» (53). S. Tommaso è altrettanto esplicito: In primitiva Ecclesia, propter paucitatem ministrorum, omnia inferiora ministeria diaconis committebantur… Sed postea ampliatus est cultus divinus; et Ecclesia quod implicite habebat in uno ordine, explicite tradidit in diversis (54). — E nello stesso articolo (ad 1): Sub hoc (diaconatu) omnes inferiores ordines comprehenduntur. Sed ordines habent quod sint «sacramentum» ex relatione ad maximum sacramentorum: et ideo secundum hoc debet numerus ordinum accipi.
Il Concilio di Firenze dopo aver affermato che il sesto Sacramento è l'Ordine, enumera i diversi Ordini maggiori e minori ai quali sembra si estenda per conseguenza la qualità di sacramento.
Senza più discutere, ammettiamo la grandissima probabilità della natura sacramentale dei nostri Ordini minori, quindi una possibile reviviscenza della loro virtù, reviviscenza tanto utile, se si riflette ai poteri che detti Ordini ci hanno conferito.
Il grande potere sacerdotale si esercita sul corpo reale e sul corpo mistico di Cristo; sul corpo mistico per renderlo atto a identificarsi al corpo reale.
Nella Chiesa primitiva, prima della Comunione, il Diacono gridava dall'ambone: Sancta sanctis! Ora, vi sono tre categorie di indegni:
I primi, gli infedeli e gli scomunicati, non possono essere ammessi nella Chiesa per la partecipazione al S. Sacrificio: l’Ostiario deve allontanarli.
I secondi sono i penitenti e i Catecumeni; gli uni ignorano la verità, gli altri l'hanno alterata colpevolmente; al Lettore è commesso l'istruirli.
I terzi sono tormentati dalle vessazioni del demonio; in tali condizioni non possono partecipare alla sacra Mensa: l'Esorcista li deve liberare.
Appaiono così le relazioni remote dei primi tre Ordini con l'Eucaristia e si comprende che «la loro minorità è solo in relazione agli Ordini maggiori, perché in confronto di tutte le dignità umane, sono di una superiorità incontestabile per la loro eccellenza e grandezza (56).
Il quarto Ordine è più elevato ancora perché avvicinando all'altare, avvicina al Corpo reale di Cristo. L'Accolito serve il Suddiacono che sta a sinistra del Sacerdote per pregare, alla destra del Diacono per aiutarlo.
Anticamente non era raro il caso di Chierici che rimanevano a lungo, anche fino alla morte, in qualcuno di questi Ordini. Oggi questi non sono più che un tirocinio, una preparazione regolare e progressiva al Presbiterato. Le loro funzioni, eccetto nei Monasteri, nelle Cattedrali e nei Seminari, non sono più esercitate da ministri per ufficio loro proprio. Incombe al sacerdote l'obbligo, di compierle in virtù delle precedenti sue ordinazioni.
L'insignito degli Ordini minori, preparando le anime ad avvicinarsi a Cristo, a nutrirci della SS. Eucarista, è quasi un precursore. Ad esempio di S. Giovanni Battista grida in ogni suo ministero: Parate viam Domini, rectas tacite, semitas ejns (Mat., 3, 3). Non dovrà dunque, come quel grande solitario, vivere di preghiera ed austerità, essere lucerna ardens et lucens? Il Battista predicava nel deserto, e il deserto vedeva accorrere le folle; noi predichiamo nelle nostre chiese quasi deserte; __ perchè non vediamo accorrervi le folle? Forse v'è mancanza dello spirito dei nostri Ordini minori: In spiritu et virtute Eliae (Luc, 1, 17). Esaminiamo più da vicino.
2. – DEGLI ORDINI MINORI IN PARTICOLARE
Non basta dire che gli Ordini minori ci innalzano alla dignità di precursori; essi ci fanno salire molto più in alto e accentuano l'obbligo di condurre vita santa. Considerati come smembramento del ministero dei Diaconi, si. riconnettano al ministero sacerdotale, che è del Cristo. Perciò chi ha ricevuto gli Ordini minori deve vedere nel buon Maestro il suo esemplare.
In alcuni Sacramentari antichi si trova una ingegnosa applicazione al N. S. Gesù Cristo delle funzioni proprie di ciascun Ordine sacro. Pietro Lombardo compendia questa tradizione; leggiamo quanto si riferisce all'argomento della nostra meditazione font size="2">57). persona suscepit, quando, flagello de funiculis facto, vendentes et ementes eiecit de templo.
De Lectoribus: Hoc officium implevit Christus cum, in medio seniorum, librum Isaiae aperiens, distincte ad intelligendum legit: Spiritus Domini super me, etc.
De Exorcistis: Hoc etiam officio usus est Christus, cum daemoniacos multos sanavit.
De Acolythis: Hoc officium Dominus se habere testatur dicens: Ego sum lux mundi, qui sequitur me non ambulat in tenebris.
Se poi riflettiamo ai poteri conferiti, alla grazia chiesta dal Vescovo nell'atto della nostra ordinazione, la visione di Gesù si fa ancor più luminosa.
a) Agli Ostiari il Pontefice dice: Ostiarium oportet percutere cymbalum et campanam, aperire ecclesiam et saexarium, et librum aperire et qui praedicat. Per essi chiede: Ut sit eis fidelissima cura in domo Dei… ut inter electos tuos (Domine) partem tuae mereantur habere mercedis.
Abbiamo dunque ricevuto la missione di annunziatori del Cristo, come i Profeti, come gli Apostoli: In omnem terram exivit sonus eorum (Ps., 18, 4). Ma Egli annunzia se stesso per mezzo nostro: Pro Christo legatione fungimur (2 Cor., 5, 29). Ci furono consegnate le chiavi per aprire la Chiesa; ma Cristo è la chiave: Haec dicit Sanctus et verus qui habet clavem David: qui aperit et nema claudit, claudit et nemo aperit (Apoc, 3, 7). Quindi, se saremo diligenti nel custodire la casa di Dio, parteciperemo alla sua ricompensa fra gli eletti: mercedis tuae.
Lo spirito dell'ostiario è dunque lo spirito di Gesù. Si noti ch'egli ha lo stesso simbolo dei supremo pontificato: le chiavi!
b) Ai Lettori il Vescovo dice: Lectorem oportet legere ea quae praedicat, et lectiones cantare, et benedicere panem, et omnes fructus novos. Per essi impetra: Ut assiduitate iectionum instructi sint, atque ordinati, et agenda dicant, et dieta opere impleant.
Il libro sacro è tra le nostre mani; ma, questo libro è Lui, perché Egli è la Verità, è il pensiero di Dio, è la Parola: Verbum. Leggiamo dunque Lui, lo insegnamo e tanta missione ci obbliga a vita santissima: dieta opere impleant. Non è questo un commento del Sancti estote quoniam ego sanctus sum? (Lev., 11, 44). Lui, noi insegnamo, ossia, Egli medesimo predica se stesso per mezzo nostro: tanquam Deo exortante per nos (2 Cor., 5, 20).
Noi esercitiamo i nostri poteri di Lettori benedicendo il pane e i nuovi frutti. Benedire significa apporre il suggello di Dio. La benedizione universale è l'Incarnazione del Figlio di Dio, che ha riparato la maledizione del peccato e impresso nuovamente il sigillo divino sulla creazione. Ora il sigillo è Cristo; Lui benedice, Lui è la benedizione stessa.
Lo spirito del Lettore è dunque lo spirito di Gesù.
e) Agli Esorcisti il Consacrante dice: Exorcistam oportet abijcere daemones et dicere populo, ut qui non communicat, det locum: et aquam in ministerio fundere. Per essi prega: Ut potestatem et imperium habeant spiritus immundos coercendi: ut probabiles sint medici Ecclesiae… virtute coelesti confirmati.
Per vincere il demonio si richiede una potenza formidabile. Nessuna creatura umana può pretendere di riuscire a tanto, neppure una creatura angelica; S. Michele non osò entrare in lotta direttamente con Lucifero. Cum Michaél archangelus cum diabolo disputans altercaretur de Moysi, non est ausus judicium inferre blasphemiæ: sed dixit: Imperet tibi Dominus (Ep. Ind., 9). Ora S. Alfonso de' Liguori dice che i dottori affermano comunemente che gli esorcismi hanno una virtù infallibile e operano ex opere operato 58). Non dunque l'Esorcista compie la sua funzione in nome proprio, ma in nome di Colui dinanzi al quale il Vangelo ci mostra gli spiriti maligni vinti e tremebondi; di Colui davanti al quale Satana non poteva trattenersi dal proclamare: Scio te quis sis, Sanctus Dei! (Marce, 1, 24).
Il Santo di Dio reclama perciò da coloro di cui si serve, una comunione perfetta alle sue proprie disposizioni: Hoc genus in nulla potest exire, nisi in oratione et jejunio (Marc, 9, 28). Gesù umile schiaccia lo spirito orgoglioso; Gesù austero incatena lo spirito impuro; Gesù unito al Padre con la sua orazione soggioga lo spirito infernale.
Lo spirito dell'Esorcista è dunque lo spirito di Gesù.
d) Agli Accoliti si dice che devono: Ceroferarium ferre, luminaria ecclesiae accendere, vinum et aquam ad eucharistiam ministrare. E per essi il Signore ascolta la supplica: Accende mentes eorum et corda ad amorem gratiae tuae, ut illuminati vultu splendoris tui fldeliter Ubi in sancta Ecclesia deserviant.
Spetta a noi accendere i ceri e le lampade del santuario. Ora, noi sappiamo che Deus lux est et tenebrae in eo non sunt ullae (1 Ioan., 1,5), e che ha mandato il Figlio suo: illuminare omnem hominem venientem in hunc mundum (id., 1, 9). Questo Figlio potè dire: Quamdiu sum in mundo, lux sum mundi (id., 9, 5). E' dunque il grande Accolito del Padre suo, che ne diffonde ovunque la luce con le opere e con le parole.
Accendere i ceri della chiesa simboleggia diffondere l'eterna luce trasmessa agli uomini, vuol dire riflettere Gesù con essere illuminati vultu splendoris tui… Oh! il bell'ideale, che deve trasformarsi in realtà se non vogliamo tradire il nostro dovere!
Prepariamo nelle ampolle l'acqua e il vino destinati al S. Sacrificio, ossia la materia che sarà trasformata nel Sangue del divin Redentore. Allo sguardo della fede è forse una funzione qualsiasi cotesta? Ascoltiamo la raccomandazione del Vescovo agli Ordinandi: Tunc etenim in Dei sacrificio digne vinum suggeretis et aquam, si vos ipsi Deo sacrificium per castam vitam et bona opera oblati fuerìtis. Queste ultime parole non saranno meditate mai abbastanza e non ci è permesso di attenuarne la forza; esse tracciano la via che dobbiamo percorrere ad ogni costo.
Lo spirito dell'Accolito è dunque lo spirito di Gesù.
Ora comprendiamo ancor meglio che gli Ordini minori non sono minori che relativamente ai maggiori. In se stessi sono molto elevati e molto belli e racchiudono grazie che non è lecito lasciare inoperose. Beato il sacerdote che sa conservarsi sempre meglio sotto l'influsso dei favori ricevuti negli Ordini minori! Abbiamo ricordato sopra lo spirito che lo deve animare. Ora S. Paolo ha scritto: Si quia Spiritum Christi non habet, hic non est eius (Rom., 8, 9). Quale più spaventosa ipotesi di un sacerdote che non sia di Cristo? Ma quale felicità, quale potenza per chi lo è interamente! Siamo dunque tutti di Cristo risuscitando in noi la grazia ricevuta con l’Ostiariato, il Lettorato, l'Esorcistato e l'Accolitato.