Comunione del Sacerdote e sua unione abituale con Gesù Ostia
P. SILVIO MARIA GIRAUD
MISSIONARIO DELLA SALETTE
SACERDOTE E OSTIA
LIBRO SECONDO.
Della comunicazione che nostro signor Gesù Cristo fa al suo sacerdote del suo sacerdozio, del suo stato di Ostia e delle sue disposizioni
CAPITOLO SESTO. Della comunione del Sacerdote e della sua unione abituale con Gesù Ostia
Il Sacerdote se «conosce bene ciò che compie e imita fedelmente ciò che opera», è veramente consacrato Vittima, da GESÙ, con GESÙ, in GESÙ. Ma ecco un altro Mistero di unione intima con la nostra Ostia adorabile. Il Sacerdote che consacra, deve comunicarsi. È questa una legge portata da Nostro Signore GESÙ CRISTO medesimo. Non è necessario che la Chiesa, nella persona dei fedeli, partecipi in tal modo al Sacrificio; ma, per l’integrità e la perfezione del Sacrificio, è necessario che il Sacerdote si cibi dell’Ostia che è stata offerta e immolata. Quest’ordine divino era annunciato e figurato nei Sacrifici antichi. La Vittima, quando era stata offerta, doveva essere conservata con gran cura onde non avesse a morir di morte naturale; perché, in tal caso, non solo il Sacrificio non sarebbe stato finito, mancando l’immolazione; ma di più non si sarebbe effettuata la comunione da parte dei Sacerdoti (Ez 44, 31). Quando, dopo la prima Oblazione, era avvenuta l’Immolazione, i Sacerdoti, eccettuato nel Sacrificio -chiamato Olocausto il quale era per intero riservato a Dio solo, dovevano sempre nutrirsi della carne della Vittima immolata (257). Che se non potevano consumarla in una volta, dovevano tenerla in serbo per usarne più tardi; ma questa manducazione era un precetto rigoroso, al punto che qualsiasi negligenza, che avesse per effetto la deteriorazione della carne così sacrificata, sarebbe stata considerata come un vero delitto (258). Sotto quei riti stabiliti da Dio medesimo vi era un profondo mistero, e ciò ne spiega la severità. Partecipare alla Vittima con la Comunione, era, per il Sacerdote, diventar Vittima lui medesimo; assimilarsi casi quella carne offerta e da Dio accettata, era come dichiarare che il Sacerdote era Dio solo, dovevano sempre nutrirsi della carne della Vittima immedesimato con quella e quindi diventava, come essa stessa, un’Ostia offerta, immolata e tutta dedicata a Dio. Orbene, in questo consistono il fine e l’esercizio perfetto della Religione. «Il vero culto, dice Lattanzio, è quello che viene prestato da chiunque si presenta e rimane, davanti a Dio, in istato di Vittima immacolata» (259). Perciò, nell’antica Legge anche il popolo doveva ricevere la comunione della Vittima, ma ciò era principalmente e necessariamente prescritto ai Sacerdoti, perché dedicati, per il loro stato, ad una Religione incessante e perpetua (Es 29, 9). (altro…)