PARTE PRIMA. LA MATERNITÀ’ DELLA SANTISSIMA VERGINE ED IL SACERDOZIO
CAPITOLO I. LA MADRE DI CRISTO SACERDOTE
Non comprenderemo mai l’ufficio che la Vergine Santissima svolse presso Cristo Sommo Sacerdote, se non ci mettiamo nella luce di Dio. Bisogna che noi contempliamo Maria come Dio la vede da tutta l’eternità o, che è lo stesso, la consideriamo nella sua predestinazione. Cos’è, infatti, la predestinazione, se non la divina preordinazione d’amore di tutto ciò che deve condurre un’anima al suo fine beato? (Cfr. THOMAS AQUINAS. – Summa Theol. 1ª Q 23, a 1 e IIIª Q 24 a. 1c e ad 3)
Dire quale fu la predestinazione di Maria è. dunque, determinare il posto assegnatole da Dio nel suo piano d’Amore infinito; è determinare ii fine al quale l’ha ordinata ed il ruolo che, nei suoi disegni sul mondo, ella deve svolgere in unione col Figlio, il Verbo Incarnato: è manifestare, infine, l’Amore infinito col quale Dio l’ha amata da tutta l’eternità.
Dio, infatti, non ama le creature come le amiamo noi. Noi —dice S. Tommaso— se amiamo qualche persona o qualcosa, è perchè abbiamo scorto in essa una particolare bontà, che ce la fa preferire alle altre. Dio, al contrario, comincia ad amare prima ancora di creare, perchè è il suo stesso amore che crea ed infonde la bontà nelle cose, al tempo stesso che l’esistenza. Il suo amore non è determinato dalla bontà delle cose, ma è la bontà delle cose e delle persone che viene determinata dal suo amore (Cfr. THOMAS AQUINAS. – Summa Theol. 1ª Q 20, a. 2).
L’Amore Infinito sta, dunque, alla base della elezione di tutto ciò che Dio ama e fa. Ciascuna cosa, ciascuna persona ha il grado di perfezione corrispondente al grado d’amore col quale Dio l’amab da tutta l’eternità.
E’ questa la magnifica dottrina che S. Tommaso ha formulato in un principio, che — come dice il P. Garrigou Lagrange — è “la chiave di volta di tutto il trattato della predestinazione” (GARRIGOU-LAGRANGE, R., O.P. La Prédestination des Saints et la Grâce. Paris, 1936; p. 93): “Nessun essere creato sarebbe migliore di un altro, se non fosse stato più amato da Dio”. Ne risulta che la perfezione di un’anima è il segno più certo dell’amore che Dio le porta: più uno è perfetto e santo, più si può essere sicuri che è amato in modo tutto speciale da Dio, poiché è Lui la causa di tale perfezione e santità (“***** amor Dei sit causa bonitatis rerum, non esset aìiquid alio melius si Deus non vellet uni maius bonum quam alteri”. THOMAS AQUINAS, S. – Summa Theol., Iª, Q. 20, a.3. “Ex hoc sunt aliqua meliora quod Deus eis maius bonum vult. Unde sequitur quod meliora plus amet”. Ibid., a. 4).
Questo principio di predilezione trova la sua più alta conferma nella Vergine Santissima. Le sue perfezioni eccelse manifestano in maniera splendida l’Amore Infinito coi quale è amata da Dio e, al tempo stesso, il suo ufficio presso Gesù Cristo Sommo Sacerdote, Figlio di Dio e Salvatore degli uomini.
Sarà, perciò, la contemplazione di queste “grandezze di Maria” che ci dovrà in primo luogo occupare.
1. LA MATERNITÀ DIVINA E LA SANTITÀ DI MARIA
Tutte le grazie di cui l’Amore Infinito ha dotato la Vergine Santissima hanno l’unico scopo di rendere Maria atta ad associarsi, il più perfettamente possibile, a nostro Signore, ed a nostro Signore nei due misteri che ne compendiano l’intera vita: l’Incarnazione, con la quale inizia la sua vita sacerdotale, e la Redenzione del Calvario, con la quale compie l’atto supremo del suo Sacerdozio, il suo sacrificio per la salvezza dell’umanità.
Ma in che modo la Santissima Vergine può cooperare all’Incarnazione ed alla Redenzione? Solo con la sua maternità fisica e la sua presenza corporale ai piedi della Croce?
Certamente no. Se avesse avuto solo questo compito materiale, non le sarebbe stato necessario essere la Santissima Vergine. La sua cooperazione più importante, più “formale” — come dicono i teologi— si compie solo attraverso la sua carità e la sua unione d’amore col Figlio di Dio.
E’ col suo “Fiat”, atto eminente di carità, atto della sua volontà uniformantesi alla Volontà divina, che Maria ha permesso la realizzazione dell’Incarnazione ed è per tale consenso del suo cuore che è entrata anch’ella nel mistero del Verbo Incarnato. Sant’Agostino non esita a dire che per la sua fede —la sua fede viva, la sua adesione ispirata dalla carità — la Santissima Vergine ha concepito Cristo nel cuore prima ancora che nel seno (“Beatior ergo Maria percipiendo fidem Christi quam concipiendo carnem Christi… Sic et materna propinquitas nihil Mariae profuisset nisi felicius Christum corde quam carne gestasset”. AUGUSTINUS, S. – De sancta virginìtate, 3, P. L. 40, 397-398. Cfr. anche: Sermo 215, 1, P. L. 38, 1074: “Illa (Maria) fide plena et Christum prius mente quam ventre concipiens”. e Sermo 214. – P.L. 38. 1069: “…fidei caritate fervente…”).
Chiedendo il suo consenso, l’Angelo la invitava appunto ad unirsi all’atto d’Amore Infinito col quale Dio voleva incarnarsi nel suo seno per salvarci (Cfr. THOMAS AQUINAS. – Summa Theol. IIIª Q 30, a 1).
Per tale ragione la divina Maternità della Vergine è una Maternità di una dignità eccezionale, che involge una eminente santità.
Quanto poi alla cooperazione di Maria alla Redenzione, il ruolo dell’amore è ancora più manifesto, nonostante che siasi effettuato ai piedi della Croce nel silenzio dello Stabat. Cos’è, infatti, la Compassione, se non l’atto d’amore col quale il Cuore purissimo di Maria si unì alla Passione di Cristo o, più precisamente, ai sentimenti intimi del Sacro Cuore di Gesù sul Calvario?
In ambedue i casi, perciò, fu con la sua carità che Maria si associò agli atti principali della vita umana del Sommo Sacerdote.
Era necessario, dunque, che ella avesse una carità proporzionata alla missione, una carità vibrante all’unisono con quell’Amore Infinito che ardeva nel Cuore di Cristo, dal primo istante dell’Incarnazione ai supremo Sacrificio della Croce. Di conseguenza, la carità di Maria non doveva imbattersi in ostacolo alcuno, ma crescere sempre più; bisognava che ella fosse signora di tutte le sue attività, che niente ostacolasse la sua unione con Gesù, né da parte del corpo, né da parte dell’anima, da parte dell’intelligenza come della volontà: una carità libera, pura, bruciante.
E’ tale la ragione dei doni eccezionali, di cui fu ricolma fin dal primo istante della sua esistenza e che si compendiano tutti in uno solo: l’Immacolata Concezione.
Non dobbiamo credere, dunque, che Maria ricevesse tutti i doni di cui una creatura umana è capace, tutti i doni carismatici — ad esempio — che ammiriamo nella vita dei Santi o tutti i privilegi di cui beneficiavano i nostri progenitori prima della colpa. L’Immacolata Concezione non è un ritorno puro e semplice alla giustizia primitiva, ma la esenzione dal peccato originale e da alcune sue conseguenze, che, come il peccato stesso, avrebbero impedito la cooperazione perfetta che la Vergine Santissima doveva apportare al Verbo Incarnato e al Redentore.
Così la sua intelligenza altissima e penetrante ha conosciuto senza mai ingannarsi tutto ciò che era necessario al compimento della sua missione. Senza dubbio, la sua scienza non era universale come quella di Dio e restava involta nel velo della lede, ma era quella che la carità le ispirava. E siccome la sua volontà non ha patito mai frattura nell’aderire alla Volontà Divina, si può veramente dire che Maria era mirabilmente preparata con tutte le potenze delio spirito e del cuore, ad entrare nel mistero dell’Uomo-Dio e cooperato alla sua opera di Redenzione. L’anima sua, d’altronde, era dotata di una squisita sensibilità, in cui tutto era perfettamente in ordine. Dio la fece “ammirabile” per il Figliuolo amatissimo.
L’Immacolata Concezione, dunque, non consiste solo nella preservazione dai peccato originale, ma anche, e soprattutto, in una pienezza di grazia e di carità, che fa di Maria la Santa più perfetta che si possa immaginare. Ecco, per convincercene, l’inizio dell’enciclica Ineffabìlis Deus, con la quale la Chiesa ha definito il dogma dell’Immacolata Concezione:
“Iddio… fin da principio e prima dei secoli, scelse e preordinò al suo Figliuolo una Madre, nella quale si sarebbe incarnato e dalla «quale poi, nella felice pienezza dei tempi, sarebbe nato; e, a preferenza d’ogni altra creatura, la fece segno a tanto amore da compiacersi in lei sola con una singolarissima benevolenza. Per questo mirabilmente la ricolmò, più di tutti gii Angeli e di tutti i Santi, dell’abbondanza di tutti i doni celesti, presi dal tesoro della sua Divinità, Così ella, sempre assolutamente libera da ogni macchia di peccato, tutta bella e perfetta, possiede una tale pienezza di innocenza e di santità, di cui, dopo Dio, non se ne può concepire una maggiore, e di cui, all’infuori di Dio, nessuna mente può riuscire a comprenderà la profondità” (Pius PP. IX — Bolla Ineffabilis Deus, 8 dic. 1854; Acta Pii IX. Roma, 1854 t. 1, p. 616. Versione italiana: TONDINI, A., Le Encicliche mariane, Roma, Belardetti, 1950, p. 31).
Possiamo credere perciò che, fin dal primo istante della sua creazione, Maria fu più santa di qualunque altro gran Santo giunto al culmine della santità, più santa ancora di tutti i Santi messi insieme.
Insegnandoci che Dio “a preferenza di ogni altra creatura, la fece segno a tanto amore da compiacersi in lei sola con una singolarissima benevolenza (e)… mirabilmente la ricolmò, più di tutti gli Angeli e di tutti i Santi, dell’abbondanza di tutti i doni celesti…”, Pio IX non ci induce forse a pensare che la santità di Maria, fin dal primo istante della sua Concezione immacolata, supera la santità, cui potrà pervenire la Chiesa tutta, alla consumazione dei secoli?
Certo, la santità di Maria resta una santità limitata, ma essa ci si mostra si grande da sembrare infinita. La nostra mente non può neppure concepirne le dimensioni. Dio solo ne è capace, ci dice Pio IX.
Tuttavia, questa pienezza di grazia non è tale da non poter aumentare ancora. Fintanto che Maria fu in terra, la sua santità non cessò di crescere: la grazia che le veniva largita non restò mai infruttuosa. All’Amore Infinito, che a lei si donava, ella rispose sempre con un amore ognor più fedele nel donarsi a lui: “Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum». Maria non ha mai “deluso” nostro Signore, al modo che Eva — se così può dirsi — aveva “deluso” Iddio e come anche gli uomini migliori lo “deludono” con le loro infedeltà, i loro difetti e le loro ingratitudini. Ogni atto di Maria è una risposta d’amore all’Amore Infinito, una risposta ognor più perfetta di quella precedente.
Aumentando, infatti, senza posa, la grazia e la santità di Maria crescono con moto accelerato, di modo che, man mano che si approssima al termine, la Vergine Santissima travalica abissi di santità sempre più sconfinati. Nel tempo che va dalla Pentecoste alla morte, ella ha progredito più che in tutto il resto della vita, dato che lo Spirito Santo non incontrava mai ostacolo nell’anima sua e poteva così sviluppare la sua carità secondo i disegni del suo Amore Infinito.
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Tale pienezza di grazia, dunque, fu data alla Santissima Vergine perchè doveva essere la Madre di Dio: la sua missione presso Cristo — dice S. Tommaso («Beata Virgo… dicitur fuisae plena gratia per comparationem ad ipsam, scilicet habebat gratiam sufficientem ad statum illum ad quem erat electa a Deo, ut scilicet esset Mater Unigeniti ejus». THOMAS AQUINAS, S. Summa Theol. IIIª Q. 7, a 10, ad 1; III", Q. 27, a. 5) — esigeva una si eminente santità.
Ciò non fa che rafforzare maggiormente la nostra sicurezza nell’affermare l’assoluta gratuità della predestinazione di Maria: né la sua santità, né ì suoi meriti le han valso di essere la Madre di Dio, ma la scelta sovranamente libera di Dio.
Per la Santissima Vergine vale quanto si dice del Figlio suo: i teologi tutti, senza distinzione di scuola, insegnano che la predestinazione di Gesù è assolutamente gratuita: non è in forza dei suoi meriti che è Figlio di Dio per natura, perchè la personalità divina del Verbo è infinitamente superiore ai meriti acquisiti dalla Santa Umanità di Cristo. Lo stesso dovrà dirsi, dunque, dalla predestinazione di Maria alla Maternità divina: meritare tale privilegio unico, sarebbe stato meritare la stessa Incarnazione (S. Tommaso ammette, tuttavia, che la Santissima Vergine con i suoi desideri e le sue preghiere abbia ottenuto la venuta del Messia ed il compimento stesso dell’incarnazione e che, con la sua fedeltà, si sia elevata al grado di santità che Ia rendeva atta a divenire Madre di Dio. Tali preghiere con l’acquisto di tale disposizione costituiscono un merito in senso largo, che i teologi chiamano “de congruo improprie dicto”. Cfr. S. TOMMASO, IV Sent., D. 15. Q. 1, a. 3, , q.la 3; De Verit. Q. 26, a. 6). E’ in questo senso che S. Tommaso dice che la Santa Vergine ha meritato l’Incarnazione. (Cfr. III Sent., D. 4. Q. 3, a. 1. ad 6; IIIª, Q. 2. a. II. ad 3).
Questo accostamento tra la predestinazione di Maria e quella di Cristo non è infondato. La bolla Ineffabilis Deus proclama, infatti che con lo stesso decreto Dio “fin dal principio e prima dei secoli, scelse e preordinò al suo Figliuolo una Madre, nella quale si sarebbe incarnato e dalla quale poi, nella felice pienezza dei tempi, sarebbe nato”. La predestinazione di Maria alla divina Maternità forma, così, un tutto unico con la predestinazione di Cristo. Infatti, il decreto divino dell’Incarnazione predestinava il Cristo non solo ad assumere la natura umana, ma a riceverla da Maria. E’ per ciò che la predestinazione di Gesù ad essere il Verbo Incarnato implicava anche la predestinazione di Maria ad essere la Madre di Dio.
Questa dottrina della Chiesa basta da sola a farci scorgere l’eccelsa dignità di Maria. Se la grandezza di un essere è valutata in ragione della sua prossimità a Dio. può ben dirsi che nessuna creatura è più grande della Vergine Santissima poiché “ella raggiunge ì confini della divinità” secondo la notissima espressione del grande commentatore di S. Tommaso, il Cardinale Gaetano («Ad finem deitati propria operatone attingit, dum Deo concepit, peperit et genuit». in II.II. Q. 103. a. 4, n. IV).
Anzi si aggiunge che fra Dio e lei s’è stabilito un vincolo di parentela, risultante dall’unione tra la natura umana assunta dal Verbo e la natura divina (“Et ideo Genitrix illius affinis Deo constituta dicitur”. Ibid).
Insieme ai teologi, precisiamo ancora, che la Santissima Vergine contrae dei vincoli di parentela con ciascuna delle Tre Persone divine (Cfr. Terrien, J. B.. S. J., La Mère de Dieux. Paris. 1933; pp. 192-194, sunteggiato in MERKELBACH,.H.B. O.P. Mariologia, Paris. 1939, p. 59).
Col Padre, ella coopera alla missione divina dell’Incarnazione, poiché è la Madre di Colui del quale egli è il Padre. Maria è, dunque, associata alla fecondità del Padre, con questa differenza infinita che ella genera nel tempo e secondo la natura umana, mentre il Padre genera nell’eternità e secondo la natura divina. Alcuni Padri della Chiesa hanno chiamato Maria la Sposa del Padre, “Sponsa Patris”. ma è un’espressione che rischia di far credere che la Vergine cooperi alla generazione eterna del Verbo. Perciò è meglio evitarla (Cfr. Terrien, J. B.. S. J., La Mère de Dieux. Paris. 1933; pp. 192. L’autore fa verosimilmente allusione, per criticarla, all’opera che M, Fallimi, p.s.s., compose con gli scrini dell’OLIER e pubblicò sotto ii nome di questi: Le vie interieure de la très Sainte Vierge, Roma, 1866; cfr. Cap 5, 4: Maria è veramente la Sposa dell’Eterno Padre nell’lncarnazione. pp. 224-241. Le citazioni dei Padri e teologi del Medio Evo sono del Faillon).
Col Figlio, Maria contrae un’affinità speciale per il fatto che è Madre di Dio, Madre del Verbo Incarnato, e non solo dell’Umanità di Cristo. La sua Maternità, infatti, come del resto ogni maternità, termina alla persona del figlio; ora, siccome in Cristo non v’è personalità umana, la Maternità di Maria non può terminare che alla persona del Verbo, alla persona divina. Maria è, dunque, nel senso più formale della parola, Madre di Dio, “Theotokos”.
Con lo Spirito Santo, infine, contrae dei vincoli particolari per il fatto che ella è la Madre di Colui dal quale, unitamente al Padre, procede la Terza Persona della Santissima Trinità.
La dignità suprema di Maria consiste, dunque, nell’essere stata predestinata a divenire Madre di Dio. Ciò, nel piano della Provvidenza, la pone in un rango assolutamente unico. La sua Maternità divina non è una circostanza accidentale della sua vita, è tutta la ragion d’essere della sua esistenza e delle grazie di santità che da Dio le sono state largite.
Ella può far consistere tutta la sua vita nella sua Maternità; può vivere unicamente per il suo Figliuolo.