MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.
PARTE PRIMA. LA MATERNITÀ’ DELLA SANTISSIMA VERGINE ED IL SACERDOZIO
3. – Lo zelo di Maria per la santificazione dei sacerdoti
Il giorno dell’Ordinazione non abbiamo ricevuto solo il carattere; il Sacramento dell’Ordine ci ha conferito anche la grazia sacerdotale. E’ la grazia che viene data al Sacerdote — dice S. Tommaso — affinché possa adempiere le funzioni sacerdotali secondo lo Spirito di Cristo— Sacerdote, che egli rappresenta (“Oportet instrumentum esse proportionatum agenti. Unde et ministros Christi oportet esse ei conformes (…) cui confertur potestas ad aliquid operandum, conferantur etiam ea sine quibus huiusmodi operatio convenienter exerceri non potest. Administratio autem sacramentorum ad quae ordinatur spiritualis potestas convenienter nonfit nisi aliquis ad hoc a disvina gratia adiuvetur. Et ideo in hoc sacramento confertur gratia sicut et in aliis sacramentis”. THOMAS AQUINAS, S. – Contra Gent., IV, 74).
Questa grazia sacramentale — precisa S. Tommaso — è una modalità permanente ed un vigore speciale della grazia santificante, della “grazia delle virtù e dei doni dello Spirito Santo” (THOMAS AQUINAS, S. – Summa Theol., III, Q. 62, a.2). E’ la grazia santificante appropriata al Sacerdote, la grazia che deve santificarlo nelle sue stesse azioni sacerdotali, nella sua vita di Sacerdote, al modo che la grazia del Battesimo è la grazia che santifica il battezzato nella sua vita di cristiano e la grazia del Sacramento del matrimonio è la grazia che santifica gii sposi nella loro vita coniugale.
La grazia sacerdotale è dunque, il principio dell’unione del Sacerdote con Cristo— Sacerdote: essa lo fa vivere da Sacerdote. Per il carattere, almeno strumentalmente, egli è Cristo, è “un altro Cristo”. Per la grazia sacerdotale. egli vive da “altro Cristo”. “Non sono più io che vivo — dice S. Paolo — ma è Cristo che vive in me» (Ad Gal., II, 10).
La grazia sacerdotale è dunque, il principio dell’unione del Sacerdote con Cristo— Sacerdote: essa lo fa vivere da Sacerdote. Per il carattere, almeno strumentalmente, egli è Cristo, è “un altro Cristo”. Per la grazia sacerdotale. egli vive da “altro Cristo”. “Non sono più io che vivo — dice S. Paolo — ma è Cristo che vive in me» (Ad Gal., II, 10).
Gesù è cosi nel suo Sacerdote e lo fa vivere della sua propria vita sacerdotale, in breve, il Sacerdote non è più un semplice servo, è un suo amico.
Tutto ciò ci mostra a quale perfezione è chiamato il Sacerdote, o piuttosto — che è più grave— quale perfezione è richiesta in lui affinché possa adempiere degnamente le sue funzioni. D’altronde, è proprio per ciò che col Sacramento dell’Ordine, riceve una grazia speciale, grazia dalla quale procedono, insieme alle virtù cristiane e sacerdotali, i doni che divinizzano il modo di queste virtù e che formano i Santi (Cfr. THOMAS AQUINAS, S. – Summa Theol., III, Q. 62, a.2). S. Tommaso non trascura occasione alcuna per ricordare l’eminente perfezione richiesta per queste sante funzioni: “Per il buon esercizio degli ordini non basta avere una bontà ordinaria, ma si richiede una bontà in grado eccellente, di modo che, coloro che ricevono gli ordini, come sono costituiti al di sopra del popolo in forza dell’Ordine, lo siano anche per santità. Per ciò la grazia santificante che è sufficiente ad essere degnamente annoverati fra le membra di Cristo è indubbiamente prerequisita, ma nella stessa Ordinazione viene conferita una grazia più grande con la quale siamo resi idonei a più alti compiti («Ad idoneam executionem ordinum non sufficit bonitas excellens, ut sicut illi qui ordines suscipiunt, super plebem constituuntur gradu ordinis. ita ut superiores sint merito sanctitatis. Et ideo praexigitur gratia quae sufficit ad hoc quod digne connumerentur in plebe Christi, sed confertur in ipsa susceptione ordinis amplius gratiae munus per quod ad maiora reddantur idonei”. THOMAS AQUINAS, S. — Suppl., Q. 35, a. 1 ad 3).
E, più oltre, S. Tommaso non si contenta di parlare di perfezione, egli vuole nel Sacerdote la santità, argomentandolo dal fatto che il Sacerdote è guida degli uomini nelle cose divine (“***** in quolibet ordine aliquis dux sit in rebus divinis, ideo sanctitas vitae requiritur ad ordinem”. THOMAS AQUINAS. S. — Suppl., Q., 36. a.1).
Quando, infine, S. Tommaso paragona lo stato religioso alla vita sacerdotale, non teme di affermare con forza che il Sacerdote è chiamato ad una santità superiore a quella del monaco non Sacerdote, perché è al servizio immediato del Sacramento dell’Altare (“Per sacrum ordinem aliquis deputatur ad dignissima ministeria quibus ipsi Christo servitur in sacramento altaris, ad quod requiritur maior sanctitas quam requiret etiam religionis status…”. THOMAS AQUINAS, S. – Summa Theol., II-II, Q.184, a. 8).
In tutti questi testi S. Tommaso non si stanca di ripetere che dal Sacerdote si richiede la santità. Anzi, giungerà a dire che la santità è richiesta prima ancora di essere Sacerdoti, mentre per il religioso è sufficiente tendere ad essa (“Ordines sacri praexigunt sanctitatem, sed status religionis est exercitium quoddam ad sanctitatem assequendam”. Ibid., Q. 189, a. 1, ad 3).
Né c’è da meravigliarsi, quando si riflette a quello che il Sacerdote è: mediatore tra Dio e le anime in luogo di nostro Signore Gesù Cristo, —che fu Uomo perfetto e Dio, mentre noi restiamo pur sempre dei miserabilissimi uomini— continuatori di Cristo, o meglio ancora, immagini viventi di Cristo.
Noi, dunque, non desidereremo mai abbastanza la santità. Non temiamo di mirare troppo in alto, perché è sulla santità stessa di Cristo che dobbiamo modellare la nostra vita. E se, talvolta, crediamo di essere presuntuosi, o piuttosto, se ci lamentiamo di non avere tali aspirazioni, e sopratutto, se siamo tentati di scoraggiarci di fronte alla grandezza del compito, volgiamo lo sguardo alla Madre nostra, la Vergine Santa.
Tutto ciò che possiamo desiderare per il nostro avanzamento spirituale è nulla, paragonato allo zelo ardente col quale lo persegue Maria.
Abbiamo detto poc’anzi che ella ha per il nostro carattere sacerdotale un rispetto ed una venerazione immensa; ora, più che di rispetto e venerazione, è d’amore che bisogna parlare.
Maria ci ama come una madre ama il suo bimbo, con una tenerezza ed una sollecitudine, di cui, quella delle nostre mamme, non è che un pallido riflesso.
Ella ha una brama ardente di ritrovare nelle anime nostre Cristo stesso e di vedere la grazia sacerdotale fruttificare al centuplo nella nostra vita di Sacerdoti. Ella ci vuole —come diceva S. Ludovico Grignion de Montfort — dei “Sacerdoti tutto fuoco”, apostoli ardenti dell’amore infinito, cuori viventi di Cristo suo Figlio (L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè de la vraie dévotion á la Sainte Vierge. Versione italiana a cura della Congregazione delle Figlie della Sapienza. Roma, 1942, nn. 55-56, e Priére pour demander à Dieu des Missionaires, in appendice al Traité, ed. Tours, 1933, p. 59.). Ella riversa su noi l’amore materno che portava a S. Giovanni e lo zelo di cui bruciava per la di lui santificazione.
Ella ama così ciascuno di noi in particolare, con una tenerezza e una sollecitudine indicibile: con tutta verità e senza sdolcinatura alcuna possiamo dunque chiamarla Mamma nostra, come indubbiamente faceva Gesù (L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. n. 40).
Ma il suo amore ha qualcosa di effettivo che si traduce in azione. Maria vuol formare i suoi figliuoli.
* * *
Se vogliamo essere dei veri Sacerdoti secondo il Cuore di Nostro Signore, dobbiamo essere dei figliuoli di Maria più di tutti i fedeli, anche se ferventissimi.
Non si tratta di una semplice devozione; o meglio, e ben più che una semplice devozione, quella che dobbiamo nutrire verso la Vergine Santissima, purché si dia nuovamente a tale parola il suo antico significato, che conservava ancora nel XVIII secolo e che è quello di S. Tommaso (Cfr. THOMAS AQUINAS. S. — Summa Theol. II-II, Q. 82. a. 1.). Essere devoto significa così essere donato, dedicato, votato. In tale senso si può parlare della devozione verso la Santissima Vergine come si parla di quella verso la persona di Nostro Signore: essa cessa di essere una devozione particolare, come è ad esempio, quella a S. Teresa del Bambino Gesù.
Noi siamo tutti figli della Santissima Vergine; ci pensiamo o no, tutte le grazie che ci vengono da Dio passano attraverso il suo Cuore Immacolato, come attraverso il Cuore di Gesù. Ma quale differenza, se siamo coscienti di questa maternità e di questa azione incessante di Maria sulle nostre anime di Sacerdoti!
Non saremo mai veramente degli “altri Cristi”, se non siamo figli della Santissima Vergine. Perché, se è vero che ogni cristiano deve ridivenire fanciullo (Matth., XVIII, 3) e nascere nuovamente per entrare nel regno dei cieli (Jo., III, 3), ciò è particolarmente certo per il Sacerdote. Ora, secondo ì disegni della Provvidenza— questa “rinascita” soprannaturale, che fa di noi dei figli dei Padre, non si realizza che per mezzo della Santissima Vergine.
“Dio Padre vuole avere figli per mezzo di Maria… Come nella generazione naturale e corporea vi ha un padre ed una madre, così nella generazione soprannaturale e spirituale vi ha un padre che è Dio e una Madre che è Maria… Chi non ha Maria per madre non ha per padre Iddio (L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. nn. 29-30).
Come, infatti, possiamo sperare di rivivere la vita spirituale di Cristo e, sopra tutto, riprodurre la sua azione principale, il Sacrificio della Croce, con tutti i sensi d’amore e d’abbandono per il Padre e di compassione per le anime, se non avremo cominciato la nostra vita spirituale lì dove Egli ha voluto iniziare la sua, nel seno di Maria? Ciò che Nostro Signore diceva ai discepoli circa la sua Passione è vero anche di tutta la sua vita: se qualcuno mi vuol servire, mi segua; e dove sono io sarà anche il mio servitore” (Jo., XII, 26).
“Se Gesù Cristo, Capo degli uomini, nacque da lei, i predestinati, che sono le membra di questo Capo, debbono pure per necessaria conseguenza nascere da lei. Una medesima madre non mette alla luce la testa o il capo senza le membra, né le membra senza la testa, altrimenti si avrebbe un mostro di natura; così, nell’ordine della grazia, il capo e i membri nascono da una stessa madre; e se un membro del corpo mistico di Gesù Cristo, cioè un predestinato, nascesse da altra madre invece che da Maria la quale produsse il Capo, non sarebbe un predestinato, nè un membro di Gesù Cristo, ma un mostro nell’ordine della grazia” (L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. n. 32).
Imitiamo, dunque, il Fanciullo di Betlemme e di Nazaret, tutto abbandonato nelle braccia della Madre (FRANCISCUS SALESIUS., S., Traité de l’amour de Dieu., I, IX, cap. 14). Il suo esempio ci insegnerà come comportarci con la Santissima Vergine per tutta la durata della nostra vita sacerdotale. Gesù, infatti, non cessò mai di essere il figlio di Maria; i suoi “stati interiori” restavano immutati mentre cresceva in età. perché, fin dal primo istante della concezione, aveva ricevuto la pienezza di grazia, che non crebbe in seguito. Salve le proporzioni— qualcosa di simile dovrebbe avvenire anche nella nostra vita interiore: non é solo in seminario o al noviziato che bisogna essere figli della Santissima Vergine, ma sempre.
L’abbandono al beneplacito della Vergine in tutti gli eventi della nostra vita è il mezzo più sicuro per imparare a praticare l’abbandono alla Volontà del Padre nostro dei cieli.
Se ci siamo veramente donati alla Santissima Vergine, se le abbiamo affidato la cura della nostra santificazione, possiamo essere sicuri che ella ci formerà nella pratica delle virtù sacerdotali con uno zelo immenso.
Chiediamole soprattutto che ci faccia crescere nella fede e nella carità; perché Maria è veramente Madre nostra nella fede e nostro Modello nell’aumento della carità. Nostro Signore non aveva la fede, perché non cessava di vedere il Padre, e non cresceva nella carità, perché sin dal primo istante dell’Incarnazione era costituito nella pienezza della grazia (Cfr. THOMAS AQUINAS. S. Summa Theol.. III, Q. 7. aa. 3, 9, 11). La Santissima Vergine, invece, si trovava esattamente nella nostra condizione di viatori; come noi ella aderiva per fede a ciò che non vedeva, al modo stesso che il cieco crede alle parole di un amico che vede.
Quando stringeva il Bambino Gesù fra le braccia, ella vedeva un bimbo che era carne della sua carne, ma non vedeva Dio; credeva che era Dio — e non è mai venuta meno nè ha esitato un istante nella sua fede– ma in definitiva, non penetrava i misteri di fede.
Maria si dirigeva nella vita con gli stessi lumi di fede che abbiamo noi per regolare la nostra prudenza cristiana, dandoci così un esempio perfetto della vita di fede. Pertanto la sua vita interiore non cessava di crescere nella carità; la sua fedeltà nell’accogliere ì voleri di Dio e a metterli in pratica (Cfr. Lc VIII, 21, e XI, 28) in una maniera sempre più perfetta e più pronta ne fa il modello di santità più completo e più semplice che si possa immaginare. Supplichiamola, dunque, di ottenerci da Dio la grazia efficace che ci faccia progredire quotidianamente nella fede e nella carità. Attingiamo nel Cuore della Madre nostra le virtù cristiane, che formano il vero servitore di nostro Signore e. soprattutto, il vero Sacerdote.
S. Ludovico Grignion de Montfort ci invita a porci in Maria come nello “stampo” che ha modellato Gesù e che non può ormai produrre se non immagini perfette di lui (L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. nn. 219-220).
Gli piace ripetere che dobbiamo “gettarci” e “perderci” in Maria: (I suoi figli) “si gettano, si nascondono e si perdono in modo ammirabile nel materno e verginale suo seno, per esservi infiammati di puro amore, per esservi purificati da ogni minima macchia e per trovarvi pienamente Gesù” (Ibid., n. 199).
“Tu lasci in disparte le tue proprie intenzioni di industrie, quantunque buone e conosciute, per perderti, a così dire, in quelle di Maria SS— , sebbene a te sconosciute» (Ibid., n. 222). “Bisogna dimorare nel bell’ interno di Maria con compiacenza, riposarvisi in pace, appoggiarvisi con fiducia, nascondervisi con sicurezza e perdervisi senza riserva” (Ibid., n. 264).
“Maria Santissima, quando vede che uno si da tutto a Lei per farle onore e servirla, si dà ella pure tutta a lui, e in una maniera ineffabile. Lo fa sommergere nell’abisso delle sue grazie; lo adorna dei suoi meriti: lo sostiene con la sua potenza; lo rischiara coi suoi lumi: lo accende del suo amore: gli comunica le sue virtù” (Ibid., n. 144).
“Quando sarà che le anime respireranno Maria come i corpi respirano l’aria… quando arriverà questo tempo felice, in cui, immergendosi volontariamente nell’abisso del suo interno, diverranno copie viventi di Maria?” (Ibid., n. 217).
E’ nella misura in cui saremo così plasmati dalla Santissima Vergine che noi diverremo dei veri Sacerdoti, quegli “apostoli di fuoco” che desiderava S. Ludovico Grignion de Montfort (Cfr Ibid., nn. 55-59, e Priére pour demander à Dieu des Missionaires. Ed Tours, 1933, pp. 54-59 (Appendice).